Il Patch Test ha l’obiettivo di identificare la sostanza causa della dermatite allergica da contatto in un paziente. Ovvero quale sostanza, a contatto con la cute, generi una risposta anomala del suo sistema immunitario con conseguente dermatite.
Per eseguire il test, vengono applicati sulla schiena dei “dischetti” contenenti una o più sostanze (di solito 31 sostanze o loro miscele). Dopo 48 ore, il medico valuta le eventuali reazioni quali rash, edema, arrossamento. Poiché queste reazioni permangono per 48-72 ore, lo Specialista Allergologo può decidere du riesaminare il paziente per valutare il decorso delle reazioni.
In caso di reazione “positiva”, va evitato il contatto con la sostanza che causa l’allergia. Ciò può comportare la guarigione dalla dermatite che, però, potrebbe tornare a manifestarsi in caso nuovi contatti.
Non effettuare l’esame con dermatite estesa in corso né in gravidanza o allattamento. Due settimane prima del test sospendere l’impiego di steroidi.
La concentrazione degli allergeni impiegati nel test rende molto remota (sebbene presente) la possibilità di “reazioni sistemiche”, quali orticaria e shock anafilattico.
Tra le sostanze incluse nel test ve ne sono alcune che hanno un proprio rischio cancerogeno: il breve tempo di contatto e le ridotte quantità impiegate, rendono tale rischio inesistente.
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Al momento dell’esame, il Paziente deve recare in visione al Medico Specialista gli esami effettuati in precedenza utili per la valutazione del caso in esame anche in termini di evoluzione nel tempo.
Inoltre, per permettere una valutazione esaustiva, è fondamentale che sia chiaro ed indicato al Medico Specialista il cosiddetto “Quesito Clinico”. Ovvero la diagnosi già accertata o sospettata, oppure il sintomo prevalente identificati dal Medico Curante del Paziente. La conoscenza del Quesito Clinico consente al Medico Specialista di conoscere il motivo della richiesta dell’esame e dunque formulare risposte clinicamente precise rispetto al quesito posto.
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